Fortitudo-Fortitudo GARA-1: Non abbiamo nulla da perdere: però giochiamocela!

Un’intera settimana a pensare a quel momento. Il PalaDozza gremito, la fossa che urla, il pavimento sotto i piedi che trema al saltare di tutti i 5500 tifosi bolognesi, la voce che, nonostante le urla, non riesce a farsi sentire dalle mie stesse orecchie, visto il frastuono. Emozioni, sensazioni che mi avevano già scioccato la prima volta che calcai gli spalti della Curva Calori da tifoso ospite: il “mediascenico”, come definito dagli spagnoli, del PalaDozza è probabilmente unico in Italia, e viverlo da “spettatore protagonista” è davvero qualcosa di emozionante. Unico. Ed iniziamo le nostre riflessioni scrivendo proprio questo: per il terzo anno consecutivo una piccola società dell’estrema periferia d’Italia, intesa sia in termini economici, che geografici, che cestistici, solca il parquet del Pala più prestigioso e più rumoroso d’Italia, insieme forse solamente a qualcun altro. Questo non può non essere motivo di grande, grandissimo orgoglio, oltre che cartina al tornasole dello splendido lavoro progettuale fatto dalla società nella sua gestione sportiva. Quest’anno, come tutti sappiamo, centrare i playoff sarebbe stato ancor più difficile del solito, vista la rivoluzione estiva che ha portato al ringiovanimento del roster, attingendo a settori giovanili, serie C e serie B per costruire la squadra. E probabilmente il rapido passaggio dalle “palestre” (con tutto il rispetto) delle serie B e C, al PalaDozza, ha umanamente fatto tremare le gambe ai nostri ragazzi, avendo la meglio sull’adrenalina e sull’emozione positiva che ti portano a lottare con ferocia su ogni pallone per superare i tuoi limiti. Il vero problema però sta nel confine tra fisiologica e patologica tensione: perché quest’ultima rischia di portarti, se non ti svegli in tempo, fino all’umiliazione. E l’umiliazione non è quello che in primis questa stessa squadra, questo stesso gruppo merita per quanto fatto quest’anno.

“Zonaaaaaaaa, zonaaaaaaaa”. Da semplici e umili appassionati, e con le piccolissime competenze che un tifoso può avere, avevamo studiato anche noi Bologna in settimana. Anche il telefono era entrato in modalità playoff, dal numero di messaggi scambiati su vari gruppi legati alla Fortitudo. “Mancinelli cercherà di togliere Jalen da sotto canestro, e per Rosselli sarà vita facile, visto il mis-match con Evangelisti. Unica soluzione: la zona! Ma una zona fatta bene. Ma non l’abbiamo quasi mai fatta quest’anno”, dicevamo. Pronti-via, ed ecco un accenno di zona, che però viene subito punita dalle triple di Cinciarini e Rosselli: forse anche l’abitudine a non farla potrebbe aver pesato, oltre che il talento cristallino dei bolognesi. Iniziamo a difendere con cambi sistematici sugli uomini, ma nulla. Restiamo in partita per i primi 5 minuti, sull’11-14 per noi che ci aveva illuso di poter comunque giocarci una partita. La partita. La reazione forte dei bolognesi, la grandissima confusione nostra in attacco dove non riusciamo a costruire più un gioco vero, i numerosissimi tiri presi e sbagliati, la difesa molle, troppo molle sui marcantoni avversari, i numerosissimi rimbalzi offensivi e seconde e terze opportunità concesse, ci fanno rapidamente sprofondare nel baratro da cui sarà poi impossibile risalire. Mancinelli sale in cattedra ed infierisce con giocate da urlo al cospetto di un gruppo di ragazzi (ahimè) spaesati dall’impatto con quello che significano i concetti dietro i nomi “playoff” e “Fortitudo Bologna”; urlare a tutta voce “Mancinelli, chiudi le gambe”, ricordandogli il tunnel di gara 3 di finale, non basta a consolarmi, semmai a far finalmente sorridere qualche volto nel nostro settore. Il resto della partita è, dopo l’intervallo lungo, un umiliante già proiettarsi a gara-2.

Sì, perché non è mica finita qui: i playoff li abbiamo conquistati, e ce li dobbiamo giocare al massimo delle nostre possibilità. E nonostante la forza della Fortitudo Bologna, la sensazione è che ieri non l’abbiamo fatto. E se anche dovessimo uscire nuovamente battuti dal PalaDozza domani sera, dovremo farlo con uno spirito totalmente diverso da quello visto in gara-1: dovremo dimostrare di avere imparato la lezione, e di conseguenza giocare più determinati e più cattivi di come abbiamo fatto ieri. Perché ancora non è il momento dei saluti e di dire “siamo già contenti così”. C’è ancora una serie da giocare! Ed io me la voglio giocare, come tutti i tifosi accorsi ieri da ogni parte del Nord Italia (e dall’Irlanda) al PalaDozza per sostenere fino all’ultimo i nostri ragazzi. E come tutti gli agrigentini che soffrivano davanti alla TV di casa. E se anche dovessimo perdere, spero tanto che la sensazione che proveremo domani sarà quella di averlo fatto lasciando tutto sul campo, come non abbiamo fatto ieri. Il rischio è che l’appagamento per aver raggiunto nuovamente un traguardo così importante e prestigioso, possa indurre un senso di sazietà che ti porti a non avere l’adeguata fame e voglia di soffrire e di lottare, che servirebbe per giocarsela degnamente in questo scenario fantastico. Non abbiamo nulla da perdere, ragazzi: A MAGGIOR RAGIONE PERO’ GIOCHIAMOCELA!!! A domani… CREDERCI SEMPRE!!! WE ARE AG