L’Araba Fenice

 

L’Araba Fenice è uccello mitologico il cui nome deriva dal greco “Φοῖνιξ”, termine che significa “rosso”, colore riconducibile al fuoco e alla leggenda che vede rinascere la fenice dalle fiamme purificatrici. In quasi tutte le culture dell’antichità, dagli egizi alla civiltà cinese, dalla Chiesa Cattolica all’antica civiltà romana, è presente questa figura mitologica associata alla morte-rinascita, alla resurrezione, all’immortalità: si dice infatti che la fenice risorga dalle proprie ceneri e da sempre le si attribuiscono grande forza e, alle sue lacrime, addirittura capacità curative. Una delle leggende che la vede protagonista racconta che l’araba fenice ogni 500 anni costruiva un nido sopra a un albero, vi si adagiava sopra e attendeva di essere bruciata dai raggi del sole per poi, una volta morta, risorgere dalle ceneri: prima di morire, infatti, depositava nel nido un uovo che, grazie al calore dei raggi solari, cresceva molto rapidamente facendo nascere la nuova fenice nel giro di 3 giorni.

Era il 20 Giugno 2020 quando questo blog ha chiuso i battenti. Dopo alcuni anni di commenti, emozioni, racconti, chiacchierate aventi come tema centrale l’amore e la passione, anzi, come dal titolo dello stesso blog, la “malattia” per la nostra Fortitudo, avevo scelto che, con la decisione dell’autoretrocessione, fosse giunto il momento di chiudere. La “fine del sogno” era, infatti, il titolo dell’ultimo pezzo, quando tutto sembrava perso, ove per “tutto” si intenda la possibilità di sognare emozioni, lacrime, gioie e dolori in piena sinergia sotto una bandiera, quella della Fortitudo Agrigento. La “fine del sogno” nasceva da una scelta, quella dell’autoretrocessione, che rappresentava in quel momento molto di più di un cambio di categoria, in quanto era stata vissuta ed intesa come l’inizio di un progressivo declino proprio nel momento in cui, in era pre-Covid, si stava raggiungendo forse il picco massimo della pervasione del mondo Fortitudo in città ed in provincia. Era difficilissimo poter pensare, in quel momento, a quella scelta come una ripartenza e non ad un punto di arrivo. Ed invece, due anni e mezzo dopo, si deve assolutamente scrivere che non era così. La scelta del cambio di presidenza voluta dal mai troppo compianto Pres, in favore del figlio Gabriele, ancora una volta ha dimostrato la sua grande lungimiranza: da quel momento in poi, infatti, è iniziato un processo che ha comportato il netto miglioramento di tutti quegli aspetti che avevano un po’ fatto storcere il naso a tanti tifosi della prima ora, alcuni dei quali si erano addirittura allontanati per tali motivi dal supporto alla nostra squadra. L’autoretrocessione si è pertanto trasformata quasi in un momento di purificazione, che probabilmente sarebbe anche stato anche troppo rapido e non completo con la finale persa a Chiusi: anche quella, probabilmente, è servita per mettere le basi al processo di ricompattamento di un ambiente che stava cercando di rinascere. Di lì, un altro anno di B, l’atteggiamento sempre giusto e misurato nelle parole e nei fatti, le scelte corrette dentro e fuori dal campo, la promozione “a nostro modo”, battendo un avversario più quotato come la Sebastiani Rieti, i ranking che ci davano spacciati in A2, la lungimirante costruzione di un roster con ampi margini di miglioramento ed affidato, nuovamente, a quella guida tecnica con la quale si era interrotto tutto per quel maledetto Covid: coach Cagnardi che, con un “materiale umano” sicuramente con meno qualità rispetto a quello di cui disponeva nel 2020, è riuscito a creare la “squadra più squadra” di tutta la LegaDue. Ma, soprattutto, il grande cambiamento è avvenuto in tantissime scelte che, anche fuori dal campo, hanno determinato un amore, una passione, un coinvolgimento ed una sinergia di intenti tra società – squadra e tifosi che probabilmente, a questi livelli, ad Agrigento non c’era mai stata. Tutto questo ha determinato che, dalle poche centinaia di persone che assistevano alla serie B, si è passati ad avere uno dei palazzi più pieni, colorati, festosi e coinvolti di tutta la Serie A2, tanto da far ritenere agli addetti ai lavori che il PalaMoncada sia diventato uno dei fattori-campo più pesanti di tutta la Lega. Per tutto questo ho ritenuto onestamente giusto che questa pagina, alla quale sono affettivamente legato perché diventata uno scrigno di ricordi di emozioni biancoazzurre, dovesse avere un aggiornamento, per amor di giustizia e di verità. Perché più dei canestri di Grande, delle schiacciate di Francis, dell’esponenziale crescita di Costi e Peterson, dei miglioramenti di Marfo, della solidità del capitano, della qualità di Lollo e dei contributi di Negri, Cuffaro, Bellavia e Mayer, più della sapiente costruzione di Mayer (Cristian) e del lavoro di Cagnardi e Cardelli, la cosa più bella ed importante è senza alcun dubbio il fatto che la società, con in testa il presidente Gabriele Moncada, è riuscita a creare un ambiente fantastico attorno alla nostra Fortitudo, e per questo merita un importante ringraziamento. Ringraziamento che, consentitemi, però deve volare anche un po’ più su. “Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna; e se pur mira dopo l’esequie, errar vede il suo spirto fra ’l compianto de’ templi Acherontei, o ricovrarsi sotto le grandi ale del perdono d’lddio: ma la sua polve lascia alle ortiche di deserta gleba ove nè donna innamorata preghi, nè passeggier solingo oda il sospiro che dal tumulo a noi manda Natura” (U. Foscolo, Dei Sepolcri). Perchè prima di lasciarci così ingiustamente troppo presto, il nostro Pres nel nostro nido, tra quelle ceneri, ha lasciato un piccolo uovo che a non tutti, compreso allo scrivente, era stato da subito chiaro nel suo significato. Un piccolo uovo che, per noi, è stato l’ultimo enorme regalo: la vera rinascita della sua Fortitudo. E sono sicuro che, da lassù, anche lui sarà giustamente felice per essere riuscito, ancora una volta, a vederci lungo.