Quattro chiacchiere con… i #malatidieffe: il racconto di Torino-Agrigento (finale gara 5, playoff 2014-15)

In un momento così difficile della nostra stagione e della gestione Franco Ciani, che è stata nei 6 anni, invece, caratterizzata da tantissimi momenti meravigliosi, questo martedì raccontiamo una storia non a lieto fine. La storia di una trasferta che, nei nostri sogni, non doveva neanche esserci in quanto avremmo dovuto chiudere a nostro favore la sfida già tre giorni prima in casa: Gara 5 di finale a Torino, nella stagione 2014-15. Tutto ciò mentre rimbalzano insistenti le voci di una probabile sostituzione di Damen Bell-Holter, come riportato da spicchi d’arancia, con un ala forte-centro croata proveniente da Zagabria: Filip Bundovic. Staremo a vedere quello che ne sarà di questa stagione. Nel frattempo, però, riviviamo attraverso questo personale racconto la meravigliosa quanto amara trasferta in terra torinese. L’appuntamento con “quattro chiacchiere con” si rinnoverà martedì prossimo, ospitando una piacevolissima chiacchierata con un’importante giocatore che ha vestito la maglia della nostra amata Effe agrigentina!

Mi guardo indietro: in pochi secondi mi passano davanti i ricordi di una stagione. Anzi, no. Di un’intera storia. Mi vengono alla mente i festeggiamenti della prima promozione vissuta nel vecchio PalaNicosia, quando si era entusiasti di poter finalmente partecipare alla serie C1. Già quello ci sembrava un sogno. Quei tiri liberi potevano portarci all’overtime dopo un’incredibile, ennesima, rimonta, dopo quella in gara 4 con Verona. Non fu così. Versai, versammo lacrime, lacrime amare. Guardavo intorno a me i compagni di avventura, #malatidieffe da una vita, piangere come me. Cercavamo invano di consolarci a vicenda. Torino si era appena portata sul 2-2, dopo che due bottiglie di spumante, troppo precocemente, erano state introdotte all’intervallo lungo dentro il frigorifero posto vicini alla nostra panchina. Quella scena la sogno ancora la notte. Non poteva finire così. Non poteva finire senza il lieto fine. Dopo una notte insonne, tornai a lavoro, e chiesi due giorni di ferie: dovevo partire, ne avevo bisogno. Prenotai in fretta l’aereo, direzione Torino: dovevo far di tutto, anch’io, nel mio piccolo, per riportare definitivamente quella coppa ad Agrigento. Arrivai a Torino, e vagai per ore da solo, con la maglietta celebrativa della finale, la sciarpa al collo, e una grandissima tensione dentro. Piazza Castello, la Mole Antonelliana… In ogni luogo rivedevo, in realtà, le immagini di quella dannata partita, e non vedevo l’ora di avere la storica rivincita. Arrivai fuori il PalaRuffini di Torino: con me tantissimi agrigentini arrivati da ogni angolo d’Italia. Siamo realmente numerosi: almeno 200. Situazione ben diversa per me che ero reduce solamente poche settimane prima da una trasferta, quella di gare 1 e 2 a Verona, dove eravamo solamente una decina. Entriamo. Palazzo stracolmo: loro attendono questa giornata da 22 lunghissimi anni. Entriamo nel nostro settore cantando tutti insieme “Gigante, tu per me…” Riusciamo a farci sentire anche dai ragazzi che fanno riscaldamento in campo, che ricambiano con un applauso. Inizia la partita. Quel coro “Noi vogliamo Torino in serie A…” si fa roboante nei nostri timpani. Subito, però, si capì che non ci sarebbe stata storia. Eravamo rimasti sui tiri liberi di Dave di gara 4, loro invece erano entusiasti, gli entrava tutto. E complici pure alcuni fischi dei grigi, la coppa e la conseguente promozione avevano preso inevitabilmente, ormai, la strada di Torino. Non restava, quindi, che sedersi, e ricominciare a versare nuovamente lacrime.

Alzo lo sguardo e vedo Nino, che conosco da una vita, letteralmente stravolto qualche fila sopra di me, da solo, piangere a dirotto anche lui. Condividevamo un sogno, un grande sogno, che è stato spezzato alla fine. Quel mese e mezzo iniziato con la vittoria in gara 1 agli ottavi contro Treviso, si concludeva lì, e non lo dimenticheremo mai. Era il momento di prendere l’aereo di ritorno: su quell’aereo viaggiavo insieme ai ragazzi. Inutile scrivere che quel viaggio nei miei sogni doveva essere “IL VIAGGIO”, con tutti i ragazzi, il coach, e lo staff sull’aereo, ed una coppa ed una promozione da portare ad Agrigento. L’avevo immaginato, con le dovute proporzioni, come il famoso viaggio di ritorno in cui Pertini giocava a carte con Bearzot e Zoff nell’aereo del ritorno dalla finale di Madrid ’82, con la coppa del mondo al centro. Non fu così. Di quell’annata unico cimelio, ma che custodisco gelosamente, è la maglia n°21, quella di Alessandro Piazza, che in quella stagione più che in ogni altra è stato davvero il simbolo di cosa Agrigento era riuscita a fare. Non dimenticheremo mai la “squadra in missione” che siamo diventati: la Squadra, con la S maiuscola, che ha saputo far avvicinare il riluttante pubblico agrigentino alla pallacanestro proprio per le emozioni che i nostri ragazzi hanno saputo trasmettere. D’altronde nello sport, a differenza delle favole, non sempre purtroppo o per fortuna c’è il lieto fine. Ma sicuramente ciò che abbiamo vissuto non lo dimenticheremo mai.

Qui di seguito il video dell’ingresso nel nostro settore al PalaRuffini